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Antibiotici negli animali, Ema: «Paesi europei migliorano l’impegno per uso responsabile»

Come è noto, il fenomeno dell’antibiotico resistenza non impatta unicamente sull’essere umano ma anche sul mondo animale. È infatti a partire da questo che gran parte dei fenomeni possono essere esacerbati e raggiungere, per via alimentare, anche l’uomo. Tuttavia, nonostante il largo uso fatto negli anni di antibiotici venetrinari, un recente rapporto pubblicato dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema) dimostra che le vendite complessive in Europa sono diminuite di oltre il 32% tra il 2011 e il 2017. Nello specifico, le classi di antibiotici ad uso umano che hanno subito una flessione nell’uso animale sono le polimixine, le cui vendite hanno subito una flessione del 66% e le cefalosporine di terza e quarta generazioni, le cui vendite sono diminuite di oltre il 20%. Causa della flessione, secondo quanto evidenziato nel rapporto, sarebbero gli orientamenti dell’UE e le campagne nazionali che promuovono l’uso prudente degli antibiotici negli animali per combattere la resistenza antimicrobica. Queste ultime, a quanto pare, stanno avendo un effetto positivo.

Il rapporto, facente parte del progetto di sorveglianza europea del consumo antimicrobico veterinario (Esvac), presenta i dati provenienti da 31 paesi dello Spazio economico europeo e della Svizzera che hanno fornito informazioni su base volontaria relative a vendite o prescrizioni di antibiotici veterinari per il 2017. Inoltre, i dati mostrano anche che la situazione non è la stessa in tutta Europa. Mentre 19 dei 25 paesi che hanno fornito dati per il periodo 2011-2017 hanno registrato un calo delle vendite di antibiotici veterinari di oltre il 5%, tre paesi hanno registrato un aumento di oltre il 5% delle vendite nello stesso periodo. I restanti tre paesi non hanno registrato un cambiamento significativo nelle vendite. Il sostanziale calo delle vendite di antimicrobici per specie da produzione alimentare osservato in alcuni paesi indica che esiste ancora un elevato potenziale di riduzione dell’uso di antimicrobici in altri, specialmente in quelli con un consumo elevato.