Fattura elettronica, l’esperto: «Non è consentito chiedere un rimborso per l’emissione»
In risposta al quesito di un farmacista titolare di farmacia, il quale aveva domandato se fosse consentito richiedere un rimborso spese al cliente, a seguito dell’emissione della fattura elettronica in aggiunta allo scontrino fiscale “parlante”, Franco Lucidi, dello Studio Associato Bacigalupo-Lucidi, ha ritenuto opportuno fornire chiarimenti in merito, sottolineando che tale pratica non è contemplata dalla normativa vigente.
«Considerato che – spiega l’esperto – almeno per il 2019 le cessioni di beni/prestazioni di servizi oggetto di comunicazione al Sistema TS devono obbligatoriamente essere fatturate “in cartaceo”, le ipotesi in cui il “privato” – non accontentandosi del semplice scontrino, pure se “parlante” – richieda/possa richiedere al banco l’emissione della fattura elettronica sono indubbiamente poco frequenti, ma certo non si possono escludere, e basti pensare al separato/divorziato che debba giustificare con l’altro coniuge una spesa sostenuta per i figli in affidamento».
A tal proposito, «non è consentito, in nessun modo e sotto nessuna forma, addebitare o pretendere il pagamento di una qualsiasi somma per l’emissione di una fattura, indipendentemente dal suo formato, elettronico o cartaceo». Ciò alla luce dell’art. 21, comma 8, del D.P.R. 633/72, il quale specifica che «(l)e spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo” e, come vediamo, non fa distinzioni tra documenti analogici e digitali».
«Pertanto – prosegue -, cartelli del tipo “per l’emissione della fattura elettronica verrà applicata una maggiorazione di €” o simili – che pure sono apparsi, soprattutto nella prima metà di gennaio, in alcuni negozi – non possono godere di cittadinanza, né in una farmacia né in qualunque altro esercizio commerciale, perché questa regola non ammette eccezioni, neppure dunque a favore dei commercianti al minuto».